Criteri per misurare le qualità del prosciutto crudo

21 Dicembre 2009 Off Di Pastaria

Il prosciutto crudo è uno degli ingredienti che molto di frequente vengono utilizzati nei laboratori di produzione di pasta fresca e piatti pronti, sia a livello artigianale che industriale. L’articolo presenta un modello per individuarne le qualità.

di Emilio Moratti

Il termine prosciutto si riferisce a un taglio di carne del maiale corrispondente all’arto posteriore fino alla prima fila di ossa del tarso, volgarmente noto come coscia posteriore. Sebbene in rari casi esso possa essere cucinato e servito fresco, la maggior parte dei prosciutti vengono conciati o stagionati.
L’offerta di prosciutti sul mercato è assai varia e numerosa: una prima differenziazione è possibile farla tra prosciutti la cui produzione è regolamentata da un disciplinare di produzione e prosciutti che non soggiaciono a tali regolamentazioni.
I prosciutti afferenti alla prima categoria sono, a loro volta, suddivisibili in prosciutti DOP e IGP e prosciutti tradizionali inclusi in un apposito elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali (PAT), predisposto dal Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali.
Le caratteristiche produttive di questi prosciutti sono, quindi, identificabili analizzando disciplinari o le schede produttive, dove sono riportate le “regole” che il prodotto deve rispettare nell’intero ciclo produttivo (dall’allevamento alla stagionatura).
Le qualità di questi prosciutti sono, pertanto, più facilmente misurabili.
L’obiettivo di questo articolo è di fornire uno schema delle qualità proprie dei prosciutti che possono essere tenute in considerazione nel momento della scelta al fine, anche, identificare il miglior rapporto prezzo/qualità. In buona sostanza le analisi che TeTa ha condotto sull’argomento delle qualità e dei prezzi hanno lo scopo di cercare una strada per uscire dal labirinto dei prezzi che non sembrano avere giustificazione nelle caratteristiche qualitative.
Una premessa doverosa
I bisogni di ogni singolo consumatore di prodotti alimentari variano molto in base alle loro specifiche caratteristiche.
è pertanto evidente che queste differenze influiscono in modo significativo sulla realizzazione di strumenti per la misurazione delle qualità non essendo, a priori, ipotizzabili soluzioni in grado di rispondere alla perfezione ai bisogni specifici di ogni consumatore. Un esempio: un consumatore può essere maggiormente attento, nella scelta del prodotto, agli aspetti legati alla logistica del prodotto (ad esempio prodotti a km 0) e quindi concentrerà la sua attenzione su questi indicatori di qualità a differenza di un consumatore  maggiormente interessato alle caratteristiche nutrizionali del prodotto che porrà in maggior risalto, ad esempio, l’apporto proteico dell’alimento. [hidepost]
Un primo criterio, forse basilare, che ha ispirato lo studio e l’applicazione della metodologia è stato quello di «dare concretezza a un termine che affascina per la sua immediatezza ma che non è per nulla semplice da definire e, poi, da applicare».
Secondo il dizionario Zingarelli con il termine qualità si intende: «elemento o insieme di elementi concreti che costituiscono la natura di qualcuno o di qualcosa, e ne permettono la valutazione in base a una determinata scala di valori» […]. La lettura integrale è riservata ai possessori della rivista [/hidepost]