Industria pastaria e delocalizzazione

7 Giugno 2008 Off Di Pastaria

L’industria pastaria non gioca la carta della delocalizzazione. Gli scarsi mezzi finanziari e la polverizzazione del sistema produttivo italiano frenano il trasferimento degli impianti oltre frontiera

di Carlo Pisani

L’industria pastaria italiana snobba la delocalizzazione. E nei piani di sviluppo di medio termine le strategie di espansione all’estero non contemplano la realizzazione, né l’acquisizione, di impianti produttivi oltre frontiera.
Lo rileva un’indagine condotta dall’Ismea, l’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare, su un campione di imprese e gruppi industriali che all’estero realizzano una quota rilevante del loro fatturato.
Limiti strutturali a parte, primo fra tutti la polverizzazione del sistema produttivo nazionale, sembra che a condizionare le scelte degli imprenditori italiani, restii a trasferire gli impianti oltre confine, siano principalmente le ridotte criticità connesse alle operazioni di trasporto, per un prodotto caratterizzato di una shelf life molto lunga, e i differenziali di prezzo ancora relativamente contenuti sui mercati internazionali, che non sottraggono di fatto potere competitivo e contrattuale al made in Italy.
Elementi sufficienti a motivare il fenomeno dello scarso “appeal” della delocalizzazione, su cui incide in misura sensibile anche la ridotta disponibilità di mezzi finanziari per realizzare o rilevare stabilimenti produttivi all’estero.
Diversi fattori, tuttavia, in un’ottica di medio-lungo termine, sembrano propendere a favore della multinazionalizzazione. La capacità dei principali operatori a strutturarsi su base internazionale – sottolinea l’analisi dell’Ismea – ridurrebbe in primo luogo i rischi connessi a impreviste svolte recessive sui mercati localizzati.
Vanno poi considerati altri due fattori non meno rilevanti: il progressivo restringimento degli spazi di crescita sui mercati globali, che rischia di saturare il potenziale dell’export tricolore, e la crescente pressione dei nuovi competitor come Turchia e Grecia e, in prospettiva, Brasile e Venezuela […]. La lettura integrale è riservata ai possessori della rivista