Le garanzie delle qualità: organismi di certificazione, consorzi, associazioni

11 Novembre 2009 Off Di Pastaria

Organismi di certificazione, consorzi e associazioni sono tra i principali operatori che contribuiscono a garantire le qualità di prodotti e servizi. L’articolo ne illustra le criticità e i vantaggi più significativi.

di Alfonso Rossi

Nel presente articolo, che dà seguito al precedente sul medesimo tema (si veda Le qualità e le garanzie per la selezione dei fornitori, pubblicato sul numero 16 di Pastaria), vengono proposte alcune riflessioni su criticità e plus che caratterizzano due differenti tipologie di organismi che operano in campo privatistico nell’ambito delle garanzie delle qualità: organismi di certificazione (ODC), da un lato, e consorzi e associazioni, dall’altro.
Viene dato per conosciuto il quadro generale inerente le certificazioni e la concessione all’utilizzo di marchi, così da poter entrare immediatamente nel merito.

Certificazioni

è stranoto il ruolo molto positivo svolto dalle certificazioni di terza
parte nel portare sviluppo e cultura organizzativa e gestionale nelle
imprese, a vantaggio sia del mondo produttivo, sia della collettività.
Non sarebbero poche le poche righe di chi scrive ad avvalorare
ulteriormente un sistema che ha dato buona prova di sé; al contrario,
si ritiene più costruttivo riportare alcune critiche che gli vengono
mosse, neanche troppo sotto traccia, e successivamente qualche proposta
per conferirgli maggiore “robustezza”.

Alcune critiche
Al di là di una sostanziale tenuta del mercato delle certificazioni, il
sentire degli addetti ai lavori e delle parti interessate in genere
esprime perplessità per alcune ragioni che vengono riportate nel
seguito, per punti.
• Viene rilevata una sorta di “vizio genetico”: l’organismo di
certificazione è retribuito dalla ditta candidata alla certificazione.
La domanda che viene posta è: «sarebbe mai possibile che un ODC
tagliasse i rami su cui è seduto, bocciando aziende a cui deve la
propria sussistenza?»
• Si sostiene che, in caso di grandi clienti, tra organismo di
certificazione e impresa è anche quest’ultima a dare lustro (oltre che
denaro) al primo, non solo il contrario; pertanto, difficilmente l’ODC
si inimicherebbe l’azienda “di nome”.
• C’è chi afferma che, rispetto al mercato retail, non sempre le
locuzioni consentite e gli scopi di certificazione (cioè le
informazioni che arrivano al consumatore) rendono consistentemente
edotti su ciò che vi è sotteso. Ad esempio, la locuzione «azienda con
sistema qualità certificato ISO 9001», che viene utilizzata non solo
come strumento business to business, ma anche come promozione verso il
comune cittadino acquirente (viene spessissimo riportata anche sugli
imballi primari) si dice che possa indurre in errore il profano
rispetto a ciò che può attendersi (con il motivo che la certificazione
ISO 9001 quasi nulla assicura rispetto al livello del prodotto fornito
e del servizio con cui viene reso).
Anche fatta esclusione di quanto ai punti precedenti, si argomenta che
il livello di garanzia offerto dalle certificazioni, nonostante
l’imponente e lodevole sforzo profuso da organismi di controllo e altri
attori, non sempre può essere all’altezza del termine utilizzato
(“certificazione”, parola molto impegnativa). Ciò avverrebbe per
un’ampia serie di ragioni, in parte pratiche, in parte concettuali,
alcune delle quali sono ricordate sotto: […]. La lettura integrale è riservata ai possessori della rivista [/hidepost]