Prezzi pazzi, la parola ai pastai

Prezzi pazzi, la parola ai pastai

4 Marzo 2008 0 Di Pastaria

I produttori italiani si difendono dall’accusa di approfittare dei rincari delle materie prime e di coalizzarsi a danno dei consumatori.

di Maria Antonietta Dessì

Oltre al danno, la beffa. Mai parole furono più appropriate per definire la situazione in cui versano i pastai italiani a seguito dei rincari dei cereali. Oltre a sopportare rialzi continui ed ingiustificati, subiscono i malumori di una clientela già provata da un elevatissimo costo della vita e che ritiene la categoria responsabile di contribuire alla speculazione economica a loro danno. I produttori di pasta denunciano la delicata situazione che da quasi un anno a questa parte si trovano a gestire. E non ci stanno ad assumersi colpe che non ritengono di avere.
Il mondo produttivo della pasta subisce gli effetti di una campagna mediatica di discredito che non conosce precedenti. I pastai sarebbero infatti colpevoli, secondo stampa e associazioni di consumatori, di aver aumentato i prezzi delle proprie produzioni, in maniera indiscriminata.
Il sospetto è venuto persino all’Antitrust che ha avviato un’istruttoria per verificare l’esistenza di due possibili intese restrittive della concorrenza nei mercati, nei confronti di altrettante associazioni di produttori.
Gli imprenditori del settore, industriali ed artigiani, difendono la propria posizione con dati oggettivi: aumenti continui di tutti i costi di produzione e un rialzo vertiginoso dei prezzi di farina e semola che dall’inizio del 2007 non si è mai arrestato. I produttori sono vittime di un sistema che non sono in grado di governare, perché a loro estraneo. Questo è quanto sostenuto con forza dalle confederazioni di categoria, APPAFRE e CNA Alimentare in testa.
Gli aumenti dei costi generali dell’impresa sono noti: il gasolio, in primo luogo, che incessantemente supera il suo massimo storico, ma anche energia elettrica, trasporti, materiali di confezionamento e personale. Sulle motivazioni dei vertiginosi rincari delle farine, le tesi – più o meno plausibili – sono innumerevoli. Dagli scarsi raccolti in Europa, Canada, Stati Uniti e Australia alle crescenti quote di cereali destinate alla produzione di biocarburanti (e quindi sottratte all’industria alimentare); dall’azione di pochi detentori di materie prime che approfittano della situazione di penuria del prodotto, alla conseguente speculazione finanziaria che sempre si crea in situazioni come questa.
Poche cose sono certe nello stato di disorientamento diffuso che regna nei mercati. Una di queste è che il prezzo delle farine ai pastai ha raggiunto negli ultimi mesi un livello insostenibile che, sommato ai rialzi degli altri costi di produzione, non poteva che incidere sul prezzo del prodotto finito.
Le soluzioni adottate dalle imprese e le reazioni del mercato sono comunque diverse dai contesti produttivi e geografici. Spesso sono legate ad ulteriori fattori che incidono in maniera importante nel rapporto tra imprenditore e clienti. Per conoscere i comportamenti dei consumatori, abbiamo visitato diverse strutture produttive e ascoltato i pastai.
Siamo partiti dalla Sicilia, […]. La lettura integrale è riservata ai possessori della rivista